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Dalle prime ore dell’alba di ieri, mercoledì 5 giugno, oltre sessanta finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Pisa hanno condotto la perquisizione di 17 società operanti nel settore conciario nelle province di Firenze, Lucca, Pisa e Prato, eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Pisa su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di un imprenditore cinese, H.Y, di 33 anni, accusato di sfruttamento del lavoro.
Le indagini sono state avviate la scorsa estate a seguito di mirati controlli in materia di lavoro nero presso un’azienda di Bientina, operante nella produzione di articoli di pelletteria su commissione di società licenziatarie di alcune tra le più importanti case di moda. Al momento del primo accesso nella ditta, intestata ad una donna cinese W.M. (di 59 anni), ma di fatto gestita dal figlio, H.Y., i militari hanno trovato alcuni dipendenti, di nazionalità cinese e pakistana, intenti a produrre ed assemblare materiale di pelletteria, tra cui articoli militari per uniformi.
Come previsto in questi casi, i militari hanno proceduto ad intervistare i lavoratori, rilevando, immediatamente, alcune situazioni di grave irregolarità. In particolare, alcuni di loro, hanno dichiarato di lavorare, da oltre un anno, 12 ore al giorno, percependo un corrispettivo di circa 2 euro all’ora a fronte di un contratto che prevedeva, invece, una prestazione di 4 ore giornaliere con una retribuzione di 7,5 euro all’ora. Durante il controllo, a conferma di quanto appreso, è stata rinvenuta documentazione extracontabile, celata all’interno di armadi presenti nello stabilimento, dove erano state accuratamente annotate le prestazioni lavorative effettivamente svolte. Soprattutto i lavoratori di origine pakistana, hanno deciso di collaborare da subito con i militari, dichiarando di essere stati costretti ad accettare condizioni tanto svantaggiose solo per ottenere la sottoscrizione di un contratto di lavoro, condizione necessaria per richiedere asilo politico.
Nonostante il controllo, come poi successivamente accertato dalla Guardia di Finanza, nel frattempo delegata a svolgere indagini dalla Procura della Repubblica di Pisa, l’imprenditore cinese ha continuato ad operare, non solo praticando le stesse condizioni lavorative vessatorie, ma procedendo in maniera ancora più determinata nella sua azione di intimidazione nei confronti dei dipendenti. Poche ore dopo l’intervento, infatti, come successivamente ricostruito, il datore di lavoro li ha riuniti, minacciandoli di licenziamento nel caso avessero continuato a collaborare con gli investigatori e imponendo loro la restituzione di più della metà delle somme già versate.
Le attività investigative, svolte anche con la collaborazione dei funzionari dell’ASL competente, hanno permesso di accertare, con specifici sopralluoghi, che il lavoro veniva svolto senza alcun rispetto della normativa in materia di sicurezza degli ambienti di lavoro e in condizioni igienico sanitarie molto precarie. Al termine delle indagini, sono stati individuati, complessivamente, 20 lavoratori in nero.