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L’Università di Pisa fa proprio e rilancia l’appello “La storia è un bene comune”

Nel giorno in cui più di 500 mila studenti affrontano la prima prova dell’esame di maturità, l’Università di Pisa fa proprio e rilancia l’appello per la difesa della ricerca storica e a sostegno del suo insegnamento, aderendo al manifesto “La storia è un bene comune” lanciato lo scorso 25 aprile sul quotidiano “la Repubblica” da Andrea Giardina, Liliana Segre e Andrea Camilleri. Una delle richieste dell’appello è appunto che la prova di storia venga ripristinata negli scritti dell’esame di Stato delle scuole superiori.

Il Senato Accademico dell’Ateneo pisano ha deliberato l’adesione all’appello dei tre intellettuali, sottolineando come esso esprima una contrarietà netta e preoccupata alla diminuzione delle ore d’insegnamento della storia nelle scuole e nelle università. Il testo, inoltre, chiama direttamente in causa le università, affinché nelle stesse “sia favorita la ricerca storica, ampliando l’accesso agli studiosi più giovani“. Nelle ultime settimane l’invito dei tre estensori è stato fatto proprio e sottoscritto da molte migliaia di persone e da diverse istituzioni didattiche e universitarie. “L’Università di Pisa – richiama il Senato Accademico – da sempre è libera palestra di pensiero e di cultura e ha annoverato e annovera tra i suoi docenti alcuni dei massimi esponenti mondiali di questa disciplina. Le iniziative che il nostro Ateneo ha intrapreso anche nel suo recente passato sono dimostrazione di un impegno su queste tematiche, che ha trovato modi tangibili e memorabili per esprimersi“.

Solo nello scorso anno l’Università di Pisa ha ricordato il 170° anniversario della battaglia di Curtatone e Montanara, emblematico episodio del Risorgimento che vide il sacrifico di studenti e docenti per affermare i principi di libertà e indipendenza, e i 70 anni della Costituzione Repubblicana. Un particolare impegno è stato dedicato poi all’80° anniversario dalla firma delle leggi razziali, apposta proprio nella tenuta di San Rossore di Pisa nel 1938. Il vasto e fitto programma di iniziative è culminato con la “Cerimonia del ricordo e delle scuse” in cui tutti i rettori delle università italiane, riuniti per l’occasione a Pisa, hanno offerto, per la prima volta, un riconoscimento morale ai rappresentanti delle Comunità ebraiche. In quell’occasione, la senatrice Liliana Segre, uno dei firmatari dell’appello “La storia è un bene comune”, ha definito la cerimonia come “differente da qualunque altra manifestazione perché non solo contribuisce al mantenimento della memoria e alla sua trasmissione, ma – di fatto – interagisce con la storia“.

Partendo da questo impegno, il Senato Accademico pisano motiva la scelta “di unire la voce dell’Ateneo a quelle di coloro che difendono il dovere, che il consesso civile del nostro paese ha, di mantenere e divulgare la memoria attraverso l’insegnamento della storia: una disciplina che rappresenta la conoscenza comune e collettiva di un paese, di un popolo che, anche attraverso di essa, costruisce la propria identità e deve farne tesoro per scongiurare che gli errori del passato possano tornare a ripetersi”.

L’Università di Pisa, con la sua grande tradizione di studi storici – ha commentato il rettore Paolo Mancarella – non poteva che aderire all’appello a valorizzare la memoria attraverso l’insegnamento della storia, lanciato da personalità della statura di Andrea Giardina, Liliana Segre e Andrea Camilleri. Tra le tracce odierne della prima prova dell’esame di maturità è stata proposta anche una dedicata a Gino Bartali, il campione di ciclismo nominato giusto tra le nazioni per aver salvato numerosi ebrei. Mi piace ricordare che lo scorso anno il nostro Ateneo ha distribuito a migliaia di studenti durante incontri avvenuti a Pisa, Livorno e Lucca il volume “Campioni di altruismo – i Giusti tra le Nazioni in Toscana” di Alfredo De Girolamo pubblicato dalla Pisa University Press, ricordando le storie di quei non-ebrei, tra cui Bartali, che hanno messo a rischio la propria vita e quella dei familiari per salvare alcuni ebrei dalla deportazione”.