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Assemblare mattoncini biologici provenienti da organismi diversi per generare nuovi meccanismi molecolari può sembrare fantascienza ma, grazie allo sviluppo della biologia sintetica, l’obiettivo è sempre più vicino: in questo ambito si colloca la realizzazione di un nuovo sensore biologico di sintesi, ingegnerizzato per percepire e per rispondere a variazioni nei livelli di ossigeno nelle cellule e nei tessuti vegetali. Il risultato di questa ricerca è stato pubblicato sulla rivista internazionale “Plant Physiology” ed è stato ottenuto grazie alla collaborazione fra Scuola Superiore Sant’Anna, Università di Pisa, Scuola Normale Superiore. Si apre adesso la strada verso nuove strategie per fronteggiare i cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle colture, che possono andare distrutte da piogge particolarmente abbondanti, le quali finiscono per sommergerle.
“Si tratta di una combinazione di elementi originari del mondo animale, vegetale e fungino – spiega Sergio Iacopino, dottorando dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e primo autore dell’articolo scientifico – assemblati in maniera opportuna per segnalare la presenza di ossigeno attraverso la produzione di bioluminescenza, fenomeno caratteristico delle lucciole o degli organismi marini. In questo modo potremo monitorare i livelli di ossigeno nei tessuti delle piante con elevata precisione e sensibilità”.
“In laboratorio, questo prototipo è già stato superato – sottolinea Benedetta Mennucci, professore ordinario del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa – e ora le nuove frontiere applicative per questi ‘lego biologici’ sembrano essere la possibilità di guidare specifici processi di crescita e di sviluppo delle piante in risposta agli stress per variazioni in gradienti di ossigeno. Questo successo apre le porte all’’utilizzazione del sensore molecolare per testare in laboratorio strategie di resistenza alla sommersione, ovvero alla mancanza di ossigeno. Tale condizione di stress per le piante – aggiunge Beatrice Giuntoli, ricercatrice del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa – ne mette sempre più spesso a repentaglio la sopravvivenza, facendo dell’indisponibilità dell’ossigeno un grave fattore limitante con il quale gli organismi vegetali dovranno sapersi confrontare, in conseguenza dei cambiamenti climatici in atto”.
“Il lavoro – conclude Francesco Cardarelli, professore associato di Fisica applicata della Scuola Normale Superiore – è frutto della collaborazione ormai stabilita da alcuni anni fra i nostri atenei, dove le competenze di ciascuna unità sono confluite nella realizzazione di questo sensore sintetico. Il progetto ha beneficiato della condivisione di laboratori e strumentazione presso il laboratorio Nest della Scuola Normale Superiore. Ci auguriamo di poter continuare in questa direzione con altrettanto successo”.