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Il ciclo di incontri “Parlando di libri”, che il Teatro di Pisa organizza nell’ambito della Stagione Lirica, vede ancora un appuntamento di sicuro interesse: martedì pomeriggio (6 novembre), alle ore 18, nella Sala Titta Ruffo del Teatro Verdi si parlerà infatti del volume di Gloria Staffieri “Musicare la storia. Il giovane Verdi e il grand-opéra”.
L’Autrice è una nota studiosa di drammaturgia musicale e di storia dell’opera italiana, già docente di Storia della Musica al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze e di Drammaturgia musicale all’Università di Roma “La Sapienza”; vanta molte prestigiose collaborazioni, fra cui quella con l’Istituto Nazionale di Studi verdiani di Parma, cui si deve anche questo volume, uscito lo scorso anno; ha al proprio attivo diversi libri e articoli sul teatro del Settecento e dell’Ottocento, con particolare attenzione alle migrazioni culturali e alle interrelazioni tra l’opera francese e quella italiana. Le sue ricerche sul giovane Verdi e il grand-opéra le sono valse il Premio Internazionale “Giuseppe Verdi” del Rotary Club di Parma.
A conversare con Gloria Stafferi del suo libro saranno il direttore artistico Stefano Vizioli e il noto storico Alberto Mario Banti, professore ordinario di Storia contemporanea all’Università di Pisa, membro da molti anni dello Editorial Advisory Board di «European History Quarterly», del Comitato scientifico di «Il Capitale culturale. Studies on the Value of Cultural Heritage», dell’Editorial Board di «History. The Journal of the Historical Association» e del Conseil Scientifique della «Revue d’Histoire du XIXe siècle», nonché direttore (insieme con Arnold Davidson, Vinzia Fiorino e Carlotta Sorba) della collana «Studi culturali» pubblicata dalla casa editrice ETS.
In “Musicare la storia. Il giovane Verdi e il grand-opéra”, Gloria Staffieri inquadra l’ascesa creativa di Verdi (da Nabucco alla Battaglia di Legnano) sullo sfondo dell’impatto provocato sulle scene italiane dall’arrivo del grand opéra, il nuovo tipo di spettacolo, proveniente da Parigi, celebrato dalla generazione romantica come il simbolo della modernità. Attraverso una nutrita documentazione, l’Autrice ricostruisce così le complesse vicende riguardanti l’incontro-scontro tra questo peculiare genere – che portava alla ribalta le masse e la storia – e una realtà italiana allora percorsa da vigorosi fermenti. Già il semplice dato numerico rivela che il fenomeno del grand opéra importato non fu così irrilevante come ritenuto finora: dal 1827 al 1848 varcarono le Alpi dodici grands opéras (variamente tradotti, adattati o riscritti), per un totale, tra “prime” e riprese, di un paio di migliaia di spettacoli. Ma ancora più interessante è la spinta dinamica che tale repertorio fu in grado di imprimere tanto sul piano del rinnovamento della cultura italiana, e del melodramma in particolare, quanto nell’ambito della mobilitazione politica e delle lotte per la libertà: una spinta che fu tesaurizzata e fatta propria, appunto, soprattutto da Verdi.
L’ingresso è libero.